Il lato oscuro dei mondiali

È ormai da qualche giorno che è iniziata la ventiduesima edizione dei Mondiali, che vede scontrarsi squadre calcistiche provenienti da svariati paesi con l’obbiettivo di vincere la Coppa del Mondo. Quest’anno, la competizione si svolge, per la prima volta, in paese mediorientale: il Qatar. Sebbene dovesse trattarsi di un evento lieto, i dati raccolti da diversi enti ci mostrano il lato oscuro dei Mondiali.

Le condizioni dei lavoratori

Purtroppo, le condizioni dei lavori addetti alla costruzione delle strutture non rispettano i diritti umani di base, e ciò ha suscitato non poco scalpore. Per ora, si parla di circa 6.500 operai morti da quando il Qatar è stato incaricato di ospitare i Mondiali, ovvero nel dicembre del 2010. Questo dato è stato riportato dal Guardian nel febbraio 2021.

Il fattore razziale

In Qatar, lo sfruttamento del lavoro migrante costituisce il 95% della forza lavoro locale. Si stima che i lavoratori che hanno perso la vita durante la costruzione delle strutture fossero originari di diversi paesi: Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan, Nepal, Filippine, Kenya e India.

Le “cause”

Pur di insabbiare le proprie colpe e nascondere le condizioni di schiavismo e maltrattamento a cui sono sottoposti i lavoratori, il Qatar ha dichiarato che l’alto numero di decessi è stato provocato da “cause naturali”. Per l’esattezza, ben il 69% dei decessi è stato dichiarato come “causato da infarto o insufficienza respiratoria”. Tali dati paiono però improbabili, in quanto a morire sono state persone per la maggior parte in giovane età e buona salute. Essendo il Qatar un paese che possiede un sistema sanitario molto avanzato, il fatto che la maggior parte dei decessi siano definiti naturali fa pensare ad una mancanza di autopsie e, in generale, di approfondimenti.

Le Nazioni Unite

Le pressioni internazionali, nel 2016, hanno imposto alla FIFA l’obbligo di adottare i principi guida nell’ONU su imprese e diritti umani. Al Qatar, però, non è mai stato chiesto o imposto di seguire tali principi, come è stato evidenziato da Human Rights Watch.

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